Maddalena Rossi e Gianfranco Sinagra
Dipartimento Cardiotoracovascolare, SC Cardiologia, Ospedale di Cattinara, ASUGI ed Università di Trieste
Il 30 agosto 2021, in occasione della giornata conclusiva del congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), sono state presentate alla comunità scientifica le ultime Linee Guida sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari che, ancora oggi, rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità a livello mondiale. Nonostante il calo di mortalità garantito negli ultimi decenni dagli innegabili progressi nei percorsi diagnostico-terapeutici, sono oltre 250.000 le persone che ogni anno, in Italia, perdono la vita per cause cardiovascolari, il 25% prima dei 75 anni. A Trieste sono oltre 1000 i ricoveri che ogni anno sono dovuti ad infarto o sindromi coronariche instabili. La prevenzione, sia primaria, quando riguarda soggetti apparentemente sani, sia secondaria, ossia rivolta a chi abbia già sperimentato un evento cardiovascolare, rimane l’arma più efficace che abbiamo a disposizione. Certamente una priorità assoluta.
Il documento, redatto da una task force di collaborazione fra 12 società mediche, ribadisce la necessità di un attento e sistematico controllo dei fattori di rischio cardiovascolare modificabili:
- astensione assoluta dal fumo di sigaretta (un fumatore ha un’aspettativa di vita minore di 10 anni rispetto ad un non fumatore della stessa età);
- controllo rigoroso dei valori pressori, considerati ottimali se compresi fra 120-130 e 80-85 mmHg;
- riduzione dei livelli di colesterolo LDL, secondo l’assioma “più basso, più giusto”;
- contrasto al rischio obesità, insulino-resistenza e diabete mellito (DM), attraverso l’adozione di uno stile di vita sano, con una dieta ricca di alimenti di origine vegetale e di pesce, povera di zuccheri raffinati, insaccati e carne lavorata;
- attività fisica regolare (almeno 150-300 minuti a settimana di esercizio di intensità moderata o 75-150 minuti a settimana di attività vigorosa);
- limitare l’assunzione di alcol a un massimo di 100 g a settimana e ridurre il consumo di sale.
Gli obiettivi, in termini di controllo pressorio e glico-lipidico, rimangono quelli raccomandati nelle Linee Guida ESC specifiche; viene tuttavia chiaramente strutturato un approccio a gradini di identificazione del profilo di rischio cardiovascolare del paziente (soggetti apparentemente sani, pazienti con malattia cardiovascolare nota, pazienti con diabete, pazienti con altre condizioni di rischio-insufficienza renale cronica) e progressiva intensificazione del trattamento. L’obiettivo è favorire, anche in ambito di prevenzione, lo sviluppo di un percorso condiviso medico-paziente, con target specifici e “cuciti” sul singolo individuo, tenendo conto di età, aspettativa di vita, comorbidità, beneficio atteso, preferenze personali, in un processo decisionale sempre in fieri, che si evolve con il paziente stesso. Di particolare interesse è il riferimento alle differenze di genere: le Linee Guida, per la prima volta, riconoscono la necessità di tenerne conto tanto nella definizione del rischio cardiovascolare quanto nella gestione clinica. Differenze biologiche, ma anche sociali, possono determinare un gap fra i due sessi in termini di accesso alle cure, percezione di malattia, risposta terapeutica e reazioni avverse a farmaci: di questo, e delle peculiarità della gravidanza, il clinico dovrà sempre tener conto. Un’altra importante novità riguarda le carte del rischio cardiovascolare, lo strumento con il quale viene stimato il rischio di eventi a 10 anni, su cui poi si settano gli obiettivi specifici dell’azione preventiva. Per adeguarsi ad una popolazione la cui età media è sempre più alta, si è reso necessario un adeguamento delle stesse e l’introduzione di due score differenti per la popolazione under 70 (SCORE 2) e per quella degli over 70 (SCORE 2-OP), che non possiamo più considerare grandi anziani e che di fatto hanno mediamente davanti a sé un’aspettativa di vita superiore ai dieci anni. Si raccomanda, quindi, di mantenere un approccio proattivo anche nella gestione del paziente ultrasettantenne, che, peraltro, può presentare snodi decisionali critici, in virtù della maggiore incidenza di comorbidità e della politerapia farmacologica. “Prevenzione attiva per tutti” potrebbe essere il motto del documento, e, infatti, grande attenzione viene riservata ai soggetti apparentemente sani, ossia senza malattia cardiovascolare accertata né DM, insufficienza renale cronica od ipercolesterolemia familiare. Pur rappresentando la maggioranza della popolazione under 50, essi sfuggono sovente alle maglie della prevenzione primaria e corrono un rischio di sottotrattamento. Questo perché il loro rischio cardiovascolare a 10 anni può essere basso-intermedio, anche in presenza di fattori di rischio. Con l’obiettivo di ovviare a questa contraddizione, le nuove Linee Guida enfatizzano quindi un altro indicatore: il rischio lifetime, che permette di stimare l’età alla quale vi è il 50% di probabilità che un soggetto abbia esperienza di un evento cardiovascolare. Su tali basi è possibile calcolare il beneficio a lungo termine di un intervento correttivo, comportamentale o farmacologico. Intercettare tali pazienti, con basso rischio a 10 anni ma un non trascurabile rischio lifetime, ed inserirli in appositi programmi di prevenzione, rappresenta un obiettivo ambizioso e offre la possibilità di un cospicuo risparmio in termini di spesa sanitaria. Si stima infatti che ogni anno, nel nostro Paese, 16 miliardi di euro vengano impiegati per la gestione diagnostico-terapeutica delle malattie cardiovascolari; a questi vanno peraltro aggiunti oltre 5 miliardi di costi indiretti, come la perdita di produttività e la spesa previdenziale. Se, come recita il paradigma di Goeffrey Rose, “un gran numero di persone esposte ad un basso rischio può causare un numero di casi di malattia maggiore del piccolo numero di persone esposte ad un rischio elevato”, la portata delle strategie di popolazione nell’ambito delle patologie cardiovascolari è enorme. I numeri giustificano ampiamente la necessità di politiche di salute pubblica organiche, che, investendo in educazione sanitaria e promozione della prevenzione, garantiscano una riduzione consistente del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare e della spesa pubblica conseguente. Per la prima volta le Linee Guida europee dedicano un’intera sezione all’approccio di popolazione, incentivando interventi ampi, dalla promozione di uno stile di vita sano nelle scuole e nei luoghi di lavoro, alle misure di contrasto ai cambiamenti climatici ed all’inquinamento ambientale, responsabili di una riduzione dell’aspettativa di vita di circa 3 anni. In una visione “complessiva”, di popolazione, trovano naturale spazio le attività che l’Associazionismo da anni promuove.
Grande è pertanto la gratitudine ed il sostegno nei confronti dell’Associazione Cuore Amico Muggia e del suo attivismo.
Tale impegno si può declinare in vari modi, in ambito di prevenzione primaria e secondaria: le “Giornate del Cuore”, le attività divulgative con conferenze e riunioni dedicate, che abbiano come target tanto i bambini delle scuole quanto gli anziani, la messa a disposizione di spazi da adibire all’attività fisica di gruppo, l’assistenza ai più deboli nell’accesso ai percorsi sanitari, i percorsi condivisi fra cardiopatici dopo un evento acuto, sono solo alcune delle attività in cui l’Associazionismo offre un valido aiuto al soggetto/paziente ed al Sistema Sanitario, spesso più improntato alla cura che alla prevenzione ed educazione di comunità. Trieste, in tal senso, rappresenta una realtà virtuosa, puntellata da associazioni che, con fattiva laboriosità e continua collaborazione con le Istituzioni e l’ambiente ospedaliero, offrono un servizio prezioso alla cittadinanza. L’auspicio è di proseguire ed incrementare le iniziative di promozione di stili di vita sani con attività fisica regolare ed alimentazione sana e, senza dimenticare le norme di protezione dal COVID.